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Psilocibina contro la depressione

Negli ultimi anni la “psilocibina” – una sostanza naturalmente prodotta da un certo tipo di fungo per proteggersi dagli insetti – ha acquisito un’attenzione crescente come potenziale terapia innovativa per la depressione, in particolare nei casi in cui i trattamenti tradizionali non hanno avuto esito. Questa sostanza psichedelica viene studiata per i suoi effetti sul cervello e sull’umore, aprendo nuovi scenari nella cura dei disturbi depressivi.

In questo articolo andremo a scoprire che cos’è la psilocibina nello specifico, quali sono i suoi effetti, in che modo potrebbe essere usata come antidepressivo e quali Paesi ne hanno già autorizzato la prescrizione. Inoltre scopriremo come si sta muovendo l’Italia con la sperimentazione sulla psilocibina come cura per la depressione: non vi resta da fare altro che mettervi comodi e continuare a scorrere… buona lettura!

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Cos’è la psilocibina

La psilocibina è una cosiddetta “triptamina psichedelica” contenuta in diversi funghi allucinogeni del genere Psilocybe, Panaeolus e altri. Quando viene assunta, la psilocibina viene convertita nell’organismo in “psilocina”, una sostanza che agisce sui recettori serotoninergici del cervello – in particolare il recettore 5‑HT2A – generando consistenti alterazioni percettive, cognitive ed emotive: in poche parole? Si viaggia.

In ambito clinico, la psilocibina viene somministrata in un contesto controllato come parte di una terapia assistita psicologicamente piuttosto che come uso ricreativa; assistita, sottolineiamo, perchè è importante precisare che non tutti i funghi sono sicuri: la specie, la dose e il contesto contano moltissimo. Negli studi clinici, la sostanza è purificata e dosata, cosa che differenzia nettamente dall’uso per così dire “casalingo”.

Effetti della psilocibina

Gli effetti della psilocibina non hanno una componente unicamente psichedelica (con le alterazioni sensoriali, visive e temporali che anche tramite il cinema o certa letteratura molti hanno imparato a conoscere, seppur in maniera stereotipata): vi è anche una componente clinica di interesse terapeutico che è tutt’ora oggetto di studi e che cerca di definire tramite il metodo scientifico quali possano essere gli effetti a breve e a lungo termine.

Fra quelli a breve termine – sempre considerando un’assunzione in ambiente controllato – si può ad esempio sperimentare uno stato di alterazione del tempo e della percezione (luce e colore più intensi, distorsioni visive leggere) e un aumento della suggestibilità emotiva. Nelle prime fasi, non di rado si prova nausea o senso di malessere. In alcuni studi clinici è stata osservata una riduzione dei sintomi depressivi già entro poche settimane

Altri studi sulla psilocibina hanno poi dimostrato una remissione significativa dei sintomi depressivi nei pazienti con depressione cosiddetta “resistente”, con degli effetti che perdurano fino a sei mesi o più. Il meccanismo non è ancora completamente chiarito, ma si ipotizza che la psilocibina favorisca una riorganizzazione delle reti cerebrali, una maggiore plasticità neuronale e un processo di insight psicologico intenso. 

Come ogni sostanza, comunque, ci sono dei rischi: in ambienti non controllati o con dosaggio errato, la psilocibina può generare ansia, panico o risvegliare dei ricordi spiacevoli in chi l’assume. L’accompagnamento terapeutico e il “set & setting” (ambiente e stato mentale dell’assunzione) sono fondamentali ed è per questo che sconsigliamo vivamente l’uso autonomo di questa sostanza, men che meno a scopo “ricreativo”.

La psilocibina come antidepressivo

Come abbiamo già sottolineato, sono diversi gli studi clinici che hanno valutato la psilocibina nel trattamento della depressione e in particolare di quella “resistente” (cioè quella che non risponde agli antidepressivi tradizionali): in un trial randomizzato di fase 2, ad esempio, si è riusciti a dimostrare che una singola dose di psilocibina (25 mg) somministrata insieme a psicoterapia riesce a portare a una riduzione significativa dei punteggi MADRS (la scala adottata per valutare la depressione) già entro 8 giorni.

Questo ha ufficialmente aperto la strada alla concezione della psilocibina non solo come “allucinogeno” ma come vero e proprio potenziale farmaco antidepressivo da usare in combinazione con supporto psico‑terapeutico. È importante comunque sottolineare che siamo ancora in fase sperimentale: la psilocibina non è ancora un antidepressivo approvato ovunque e il suo uso è limitato a specifici contesti clinici… e i ricercatori ci tengono a specificare che il modello ideale consiste nell’unire la sostanza a un percorso terapeutico.

Quali paesi hanno legalizzato la prescrizione medica di psilocibina

Diversi Paesi e giurisdizioni stanno accelerando verso la legalizzazione – o quantomeno la “decriminalizzazione” – della psilocibina a fini terapeutici: ad esempio, l’Australia dal 1° luglio 2023 ha autorizzato la prescrizione della psilocibina (e della MDMA) per psichiatri abilitati nei casi di depressione resistente o PTSD. In Germania, a fine luglio 2025, l’autorità federale del farmaco ha annunciato che farà accedere alcuni pazienti con depressione resistente a trattamenti assistiti con psilocibina in setting clinici controllati.

Nel frattempo negli Stati Uniti, nel Regno Unito, in Svizzera e in altri paesi ancora sono in corso dei trial clinici avanzati che potrebbero concretamente aprire la strada all’approvazione in futuro. Quindi, sebbene non tutti abbiano “legalizzato” pienamente la psilocibina come farmaco di routine, la tendenza è chiara: la sostanza sta passando dall’essere considerata – erroneamente – come un banale fungo allucinogeno da usare per lo “sballo” a potenziale trattamento medico con importanti risvolti nella cura di alcune insidiose patologie.

Psilocibina in Italia: la sperimentazione contro la depressione resistente

Anche in Italia è ufficialmente partita la prima sperimentazione clinica sulla psilocibina per la depressione resistente. L’Istituto Superiore di Sanità (ISS), coordinato dall’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA), ha ottenuto l’autorizzazione per uno studio che coinvolgerà 68 pazienti con depressione resistente, in un contesto rigorosamente controllato. Lo studio prevede una durata di 24 mesi, è finanziato con fondi PNRR e verrà condotto in vari ospedali italiani.

L’obiettivo della sperimentazione è tanto semplice sulla carta quanto complesso nei fatti: verificare in quale misura la psilocibina, in combinazione con psicoterapia, possa offrire miglioramenti clinici rispetto alle terapie convenzionali. In questo modo l’Italia entra nel «rinascimento psichedelico» con un approccio scientifico e regolato, un’evoluzione che lega il concetto del “fungo psichedelico” a una reale sperimentazione medica.

È importante comunque tenere presente che al momento la psilocibina in Italia non è ancora approvata come antidepressivo standard: come dice il termine stesso (“sperimentazione”), lo studio di cui stiamo parlando è sperimentale e ogni uso al di fuori del trial è ancora illegale. La psilocibina rappresenta comunque uno dei più promettenti fronti di ricerca nel trattamento della depressione, in particolare per i pazienti che non rispondono ai farmaci tradizionali.

Il suo profilo unico – derivato da funghi allucinogeni, agendo su recettori della serotonina e generando un’esperienza psichedelica – la distingue nettamente dal modello farmacologico convenzionale. E pur restando in fase sperimentale, il concetto di “psilocibina come antidepressivo” sta rapidamente diventando parte del dibattito medico-scientifico in tutto il mondo: una cosa impensabile fino a non molti anni fa!

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