Coltivare Cannabis Light

Breeder: cosa significa lavorare nel mondo della Cannabis

Lavorare nel mondo della cannabis?

Sicuramente molti di voi ci avranno pensato almeno una volta, i più sognano di coltivare infiniti campi di marijuana, ma i veri appassionati hanno un solo sogno nel cassetto: diventare un Breeder!

Ma cosa significa essere un breeder?

Ibridazioni, genetiche, strain hunter, seed bank… Forse è necessario fare un po’ di chiarezza sul mondo del lavoro della cannabis per capire cosa significa essere un “inventore di generiche”.

 

DI COSA SI OCCUPA UN BREEDER?

Tutti sappiamo che la cannabis è stata catalogata in tre specie: Indica, Sativa e Ruderalis, ma non finisce qui: esistono infinite varietà (o strain), ed è qui che entrano in gioco i breeder: mentre gli strain hunters girano il mondo in cerca di genetiche “pure” o incroci sconosciuti, i breeder si occupano di incrociare le varietà esistenti con caratteristiche speciali, al fine di ottenerne di nuove, con proprietà particolari esaltate all’ennesima potenza.

I breeder sono la colonna portante delle Seed Bank.

Essendo i responsabili della creazione di nuove genetiche e del miglioramento di quelle esistenti sono coloro che si occupano di aggiornare e riempire gli archivi di queste banche, che oltre a conservare i semi delle varietà pure su cui hanno avuto la fortuna di mettere le mani, cercano di mantenersi sempre sulla cresta dell’onda, per soddisfare un mercato in continua evoluzione.

 

MA IN COSA CONSISTE L’ATTIVITÀ DI BREEDING?

Tutti possiamo diventare breeder? Beh certo, ma non senza anni di studio e fatica!

Si tratta di un’attività complessa, che richiede un’elevata conoscenza della cannabis e di botanica, una pazienza infinita e soprattutto un grande occhio!

Ma per quanto possa essere complicato da mettere in pratica è abbastanza semplice capire su quale principio si basa il breeding, anzi probabilmente abbiamo studiato tutti di cosa si tratta alle elementari: niente di più e niente di meno del concetto di ereditarietà genetica definito da Gregor Mendel.

I breeder selezionano le piante che presentano le caratteristiche desiderate (fenotipi) e le incrociano nel tentativo di generare nuove genetiche ottimizzate per un determinato scopo.

 

COME SI SVOLGE IL PROCESSO DI BREEDING

1- DEFINIZIONE DEGLI OBIETTIVI

Per prima cosa è necessario prefissare degli obiettivi, questa è una decisione totalmente a discrezione del breeder, in base ai suoi scopi: dalla necessità di realizzare un prodotto valido sul mercato alla realizzazione di uno strain dalle proprietà curative miracolose (come nel caso di Ken Estes, il padre della Grand Daddy Purple)

2- SELEZIONE DEI PARENTALI

A differenza dei consumatori di cannabis, interessati solo alle piante femmina che producono gli amati bud resionosi ricchi di cannabinoidi, i breeder curano anche le piante maschio.

Per ottenere nuove genetiche è necessario incrociare maschi e femmine, i quali vengono scelti in base alle caratteristiche che si vogliono raccogliere in un’unica genetica.

I criteri di selezione possono essere vari:

caratteristiche morfologiche della pianta: per ottenere determinati tratti floreali, come forma della foglia, dimensione del bud o stazza della pianta;

adattabilità all’ambiente e resistenza: si potrebbe lavorare affinché una determinata genetica adatta ai climi caldi possa essere coltivata anche al freddo, oppure per aumentare la resistenza a malattie e parassiti;

produttività: si potrebbe voler aumentare la produttività di una genetica particolarmente gradita ma che non riesce a coprire i costi e a essere competitiva sul mercato a causa della redditività scarsa;

potenza: per decenni l’incremento del THC è stato un’ossessione per i breeder, oggi sono state rivalutate le proprietà benefiche di altri cannabinoidi come il CBD e quindi si incrociano genetiche anche per ottenere piante con livelli bassi di THC e alti di CBD.

3- IBRIDAZIONE

Una volta scegli i genitori si può cominciare il processo di ibridazione.

Una pianta maschio è in grado di impollinare ben 20 piante femmine, per questo i coltivatori fanno ben attenzione a non introdurre neanche un maschio all’interno dei campi: una volta impollinate le femmine si riempiono di semi tanto utili per il lavoro dei breeder, tanto indesiderati dai consumatori.

La sola vicinanza può essere sufficiente a provocare l’impollinazione, anche se è possibile stimolarla scuotendo le cime maschio ricche di polline sulle femmine. I semi generati da questa impollinazione avranno caratteristiche di entrambe le genetiche, ma non tutti i semi avranno le stesse!

Come un bambino può prendere gli occhi dalla madre e i capelli del padre e il fratello no, durante l’ibridazione delle piante di cannabis succede lo stesso: i semi avranno diversi fenotipi che il breeder dovrà analizzare e selezionare per proseguire nel suo lavoro.

Dal processo di ibridazione nascerà F1, ovvero la prima generazione, che potrebbe non presentare le caratteristiche desiderate o non essere stabile, per questo il breeder procederà con altri incroci per raggiungere i suoi obiettivi.

 

TECNICHE DI IBRIDAZIONE

Le tecniche di ibridazione possono essere diverse a seconda dell’obiettivo perseguito:

incrocio: detta anche ibridazione, si tratta della tecnica più comune appena descritta, ovvero l’incrocio di due genetiche diverse caratterizzate da tratti particolari;

inbreeding e segregazione: consiste nell’ibridazione dei risultanti da due parentali, ottenuta la prima generazione si incrociano i derivati tra loro per stabilizzare le caratteristiche;

back-crossing o retroincrocio: la prima generazione viene incrociata con uno dei parentali per rafforzare le caratteristiche desiderate;

incrocio per la fissazione dei tratti: due individui altamente omozigoti, ovvero con una caratteristica molto accentuata, vengono accoppiate per incrementare la frequenza con la quale un tratto si manifesta nella progenie;

selfing: consiste nell’autoimpollinazione per ridurre la diversità genetica ed incrementare la stabilità.

 

RISCHI

Durante le ibridazioni potrebbero determinarsi anche geni indesiderabili e recessivi, che si potrebbero manifestare anche nella seconda o terza generazione. Inoltre il lavoro di breeding non ha nessuna garanzia di successo: capita che si spendano mesi o addirittura anni su una genetica per poi arrivare a un punto morto.

Per questo motivo un vero breeder non deve solo essere bravo nel suo lavoro, ma deve avere la pazienza e la saggezza di accettare le sconfitte senza arrendersi, ripartendo da capo con più conoscenza ed entusiasmo di prima.

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