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Il 30 maggio la Cassazione si pronuncerà sulla Cannabis Light

Potrebbe avviarsi un nuovo monopolio di Stato il 30 maggio dopo la decisione delle Sezioni Unite della Cassazione sulla vendita e l’uso della canapa legale. A differenza di ciò che dice Matteo Salvini, la politica non ha parola in merito, ma saranno i giudici della Cassazione, mediante una sentenza, a decidere come procedere a riguardo.

Una domanda che si sono posti in tanti, da quando è iniziata la rivoluzione del business della cannabis light (o legale,) riguarda la commercializzazione e l’uso lecito del prodotto oltre al poter incorrere in sanzioni legali utilizzando queste infiorescenze a basso contenuto di THC, ovvero inferiore allo 0.6%, che è il limite massimo consentito dalla legge.

Vendita e utilizzo sono leciti?

Come ben sappiamo, una risposta chiara e certa ancora non è stata fornita. Vediamo quali possono essere le cause di tale confusione: dallo 0.2 allo 0.6% di THC rappresentano la “soglia di tolleranza” consentita dalla legge 242/16 che toglie, dopo controlli a campione, le responsabilità a carico dell’agricoltore. Però, secondo i giudici della Corte Suprema, tra i fini elencati dalla norma non rientrerebbe la commercializzazione delle infiorescenze e dalla resina.
I valori di THC consentiti dall’art. 4, comma 5, I. n. 242 del 2016 (0,2- 0,6%), infatti, si riferirebbero solo al principio attivo rinvenuto sulle piante in coltivazione e non al prodotto oggetto di commercio.

Il dubbio è sorto poco dopo con la sentenza della Cass. Sez. VI n. 4920 del 31/1/2019, la quale afferma che la liceità dei prodotti derivati dalla canapa (Cannabis Sativa L.) contenenti una quantità di principio attivo (tetraidrocannabinolo -THC) inferiore allo 0.6 %, non potrebbero più essere considerati (ai fini giuridici) sostanza stupefacente soggetta alla disciplina del Testo Unico sulle sostanze stupefacenti, al pari di altre varietà vegetali che non rientrano tra quelle inserite negli allegati del Testo Unico.

Quindi, secondo questo ragionamento, le infiorescenze che provengono da coltivazioni lecite, non essendo considerate sostanze stupefacenti, non creerebbero responsabilità penali nè per l’agricoltore nè per il commerciante, date le difficoltà ad ottenere un prodotto con un limite così basso come lo 0.2 % di THC. Nel caso in cui controlli a campione risultassero in analisi con valori fuori dalle norme vigenti le conseguenze sarebbero la denuncia per il titolare del negozio, il ritiro dei prodotti e la segnalazione dei consumatori al prefetto.

Ma come ben sappiamo non è così, ed ecco perché la Corte si pronuncerà a Sezioni Unite il 30 maggio: sarà chiarito, infatti, se sia lecito o meno l’uso delle infiorescenze e come possano venire utilizzate.

L’ancora di salvezza dell’Italia: la cannabis

Purtroppo, non essendo affatto chiara la situazione riguardante la commercializzazione della cannabis light e alla sua destinazione d’uso, in alcune città si sono verificati dei casi di chiusura e sequestro illecito dei prodotti derivati. Prendiamo come esempio la città di Macerata e il suo questore, Antonio Pignataro, che da tempo aveva dichiarato di essere contrario ai canapa shop e, in attesa della decisione della Cassazione, ha fermato i sequestri dei mesi scorsi.

Si parla di migliaia di cannabis shop in Italia, dove la vendita è incentrata dalla canapa ad alto contenuto di CBD, ovvero il cannabidiolo ricco di benefici per la salute mentale e fisica e soprattutto non psicotropo, e dei suoi derivati.

Un business in grande espansione, con affari per circa 150 milioni di euro che includono anche 10mila nuovi posti di lavoro, tra negozianti, agricoltori, dipendenti ecc.

Nell’arco di tempo di neanche tre anni sono stati rimessi a coltivazione più di 3mila ettari di terreno. Ciò fa pensare agli anni Cinquanta, periodo in cui l’Italia era una dei protagonisti del mondo della canapa, tra tessuti, bioedilizia, etc: nel nostro paese si è sempre coltivata con successo.

Diventerà monopolio di Stato?

La canapa per ora è in parte sotto il Monopolio dello Stato se si parla di quella ad uso terapeutico ad alto contenuto di THC che necessita di prescrizione medica, la quale non è sufficiente al fabbisogno dei pazienti italiani che sono costretti di conseguenza ad uscire dal paese per procurarsela.

Potrebbe essere che il monopolio verrà esteso anche alla versione light, garantendo un’entrata in più alle casse dello Stato.

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