In questi ultimi mesi tra Stati Uniti, Europa e Sud America (leggi l’articolo sulla rivoluzione della cannabis in Sud America) abbiamo assistito a tante prime volte tra legalizzazioni e passi avanti nel riconoscimento legale, terapeutico e popolare del valore intrinseco alla cannabis. Pesavamo però che ancora la questione fosse bloccata in Asia e in Africa: nell’ultima settimana invece abbiamo ricevuto due importanti smentite, che ci hanno fatto capire che i primi segnali della potenza della cannabis revolution sono comparsi anche nel continente africano e in quello asiatico, nello specifico in Sud Africa e in Corea del Sud.
La cannabis è legale in Sud Africa
Partiamo dal continente africano, perché la Corte costituzionale del Sudafrica ha appena legalizzato la coltivazione e il possesso di marijuana per uso personale, depenalizzando per i cittadini adulti l’uso, la produzione e il possesso privato di cannabis.
E così, inaspettatamente, il Sudafrica diventa il primo paese africano a rendere legale l’uso di marijuana a scopo ricreativo. Il percorso per arrivare a questo punto è stato relativamente veloce, un iter che noi della vecchia Europa possiamo solo sognarci; a inizio dello scorso anno una sentenza della Corte suprema di Western Cape aveva dichiarato anticostituzionale il divieto di possesso, uso e coltivazione in privato e per uso personale di cannabis, richiedendo formalmente al Parlamento di riconsiderare le leggi in vigore su queste sostanze. Nonostante il parere contrario di Ministero della Salute e della Giustizia (promotori della tesi sulla pericolosità della marijuana), la Corte Costituzionale ha deciso in favore della legalizzazione della cannabis, lasciando ancora da definire al Parlamento alcuni paletti su come gestire in toto questa legalizzazione. Tra i più forti sostenitori e promotori della legalizzazione in Sud Africa ci sono i rappresentanti e gli attivisti del movimento religioso rastafariano che da anni combattono una lotta politica per la liberalizzazione della “dagga” (così viene chiamata la cannabis) ma anche tantissimi fautori della medicina tradizionale sudafricana che da secoli suggerisce l’utilizzo di cannabis per curare l’ansia e e altre patologie.
La cannabis terapeutica è stata riconosciuta in Corea del Sud
Il passo è sicuramente più piccolo in Corea del Sud, ma non meno epocale trattandosi di un paese estremamente conservatore nei confronti della marijuana. Secondo una nuova legge votata dall’Assemblea Nazionale a novembre la Corea del Sud è diventata la prima nazione dell’Asia orientale a promulgare una legge sulla cannabis terapeutica per il trattamento di patologie rare. La notizia è parsa davvero inusuale a chi conosce i retroscena della guerra alla cannabis sostenuta storicamente da questo paese, che aveva addirittura osteggiato la liberalizzazione avvenuta oltreoceano promettendo che se i cittadini coreani in visita in Canada fossero risultati positivi a queste sostanze al loro rientro in patria sarebbero stati perseguiti dalla legge. Ebbene, forse anche la rigida Corea del Sud Sta iniziando a ricredersi e come lei potrebbero fare altri paesi asiatici.
La legge attualmente è comunque molto restrittiva e consente solo la prescrizione di alcuni farmaci a base di CBD (cannabidiolo) la cui distribuzione ai pazienti viene strettamente controllata da un centro governativo. In ogni caso la buona notizia è che grazie a questa prima apertura il CBD potrà essere prescritto per una varietà di disturbi piuttosto gravi, una lista attualmente relativamente corta che però, secondo il ministero della salute, sarebbe già in fase di ampliamento.
Queste nuove svolte epocali per l’industria globale della cannabis ci fanno davvero ben sperare per il futuro e siamo certi che una volta tracciata la pista in breve tempo altri paesi seguiranno questi esempi. La rivoluzione della cannabis continua tra un continente e l’altro, implacabile.
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