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Google blocca le applicazioni inerenti alla vendita online di marijuana

Google, uno dei mezzi pubblicitari più ampi al mondo, ha deciso il 30 maggio di non diffondere nel suo Play Store app inerenti alla vendita di cannabis.

Nulla di nuovo dopo tutto Google è da sempre contrario alla diffusione semplificata ed irresponsabile di determinati prodotti come alcool, tabacco, sigarette elettroniche e prodotti simili, che incoraggiano, anche se non esplicitamente, un uso anche tra i più giovani.

Infatti, i gestori di Google hanno modificato da poco i termini contrattuali specificando il divieto, per chi crea determinate app, di pubblicizzare e facilitare la vendita di prodotti derivati dalla cannabis contenenti THC, anche se il prodotto è totalmente legale in quello stato. 

Chi avrà creato delle app che vanno in contrasto con questa nuova dicitura, avrà 30 giorni in totale per apportare delle semplici modifiche ad essa, ovvero togliendo la possibilità di vendita online, quindi non incitando un acquisto poco controllato, per quanto riguarda persone minorenni, e senza limiti, ma mostrando comunque i propri prodotti derivati dalla marijuana. Clausola che per iPhone e iPad, di Apple, è presente da anni ormai.

Ovviamente Google non è stato l’unico a mettere dei paletti per quanto riguarda la vendita e la sponsorizzazione della cannabis, ma anche i creatori di Facebook fecero la stessa cosa l’anno passato.

Molte pagine e gruppi presenti sul portale vennero chiuse per via degli algoritmi impostati da Facebook, che individuavano l’eccesso di foto inerenti a infiorescenze di marijuana o pubblicità promozionali di suddetta pianta.

Ciò accadeva però perché ancora in molti stati venivano considerate illecite, ma “questo errore” incise anche sulle aziende italiane che promuovevano soprattutto infiorescenze derivante dalla canapa legale. In tal caso l’algoritmo venne perfezionato per permettere loro di pubblicare i propri prodotti, ma vietando la vendita online.

Ovviamente, come per le app nel Play Store di Google, bastava eliminare le foto e le pubblicità “troppo esplicite” per riavere il proprio account, e non perseverare nell’errore, in qual caso la pagina veniva chiusa definitivamente.

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