Dopo la sentenza emessa dalla Cassazione lo scorso 30 maggio, la Procura di Santa Maria Capua Vetere ha emesso di urgenza un decreto disponendo la chiusura di 4 punti vendita di prodotti derivati dalla canapa nella provincia di Caserta.
Secondo il procuratore, gli esercizi sono rei di aver “esposto per la vendita, infiorescenze, foglie, resina e oli ottenuti dalla coltivazione di una varietà di cannabis illegale”.
Virgilio Gesmundo, il titolare del punto vendita “GreenPlanet Grow” di Caserta, ha deciso di incatenarsi davanti al proprio negozio per protestare contro il sequestro e la chiusura subita ingiustamente il 31 maggio, subito dopo la pubblicazione della sentenza. Da ormai 6 giorni la manifestazione del giovane imprenditore sta andando avanti, con il sostegno dell’intera comunità.
“GreenPlanet Grow” non solo commercializzava cannabis light e derivati, ma anche prodotti per la coltivazione quali terriccio, fertilizzanti, strumenti e accessori, che con la cannabis non hanno nulla a che vedere e a cui non può essere attribuita di certo nessuna efficacia drogante.
Se dopo la sentenza del 30 maggio (che ha creato più dubbi tra coloro che operano nel settore di quanti non ne esistessero già prima), diversi imprenditori hanno deciso di rimuovere temporaneamente le infiorescenze di cannabis light dai propri scaffali in maniera preventiva, Virgilio Gesmundo proprio non si spiega come mai ora sia impossibilitato a vendere anche tutti quei prodotti che non sono al centro della controversia.
“Nel 2015 ho creduto nel nostro Paese e ho aperto questa attività, cercando di sconfiggere quello che per anni ho visto davanti ai miei occhi: la microcriminalità che fomenta le mafie. Al giorno d’oggi sono qua a protestare perchè mi sento trattato come un criminale. Sono stato denunciato per spaccio. Sono 4 anni che con questo negozio contribuisco regolarmente al prodotto interno lordo italiano. […] Pretendo spiegazioni dalle istituzioni, non sono riuscito nemmeno a parlare con il sindaco. […] La mia è una forma di manifestazione pacifica, per mostrare il disagio che sto subendo. Rimarrò incatenato qui anche di notte”.
Secondo il titolare, il provvedimento della Procura nasconde una natura di propaganda politica che intende favorire le “piazze di spaccio” a discapito di imprenditori onesti che hanno deciso di investire in un business che potesse in qualche modo diradare il problema della microcriminalità.
Non possiamo far altro che mostrare totale solidarietà e appoggio, augurarci che vengano fornite spiegazioni dalle istituzioni e, soprattutto, che gli esercizi posti sotto sequestro possano tornare in attività quanto prima come in loro diritto.